Dopo l’esempio di molti Paesi asiatici tra cui Cina, Korea, Singapore, anche l’Italia ha voluto la sua App per il tracciamento dei positivi da Coronavirus, ovviamente di produzione italiana. Una scelta che ha diviso l’opinione pubblica, tra chi esige il contenimento del contagio e chi la tutela della privacy. Anche se le due cose non dovrebbero essere in contrasto.
Tra qualche giorno l’Italia entrerà nella fase2, che corrisponderà a un allentamento del lockdown; la misura forse più dibattuta per la prevenzione di una eventuale recrudescenza è l’uso di App di contact tracing, già sperimentate da molti Governi. Anche l’Italia il 16 aprile ha fatto la sua scelta: Immuni di Bending Spoon, una App che funziona tracciando i percorsi delle persone ed evidenziando se nelle vicinanze ci sono casi infetti. Tuttavia questo implica mettere le persone davanti alla scelta fra lotta contro la diffusione del COVID-19 e mettere a rischio la tutela dei propri dati.
Per trovare un equilibrio fra queste due opinioni divergenti il Governo italiano ha deciso di rendere l’App volontaria. In realtà il timore di chi non vede di buon occhio l’App non è solo riguardo alla privacy, al controllo e furto dei dati, ma va ben oltre: la paura è che la diffusione dei dati venga utilizzata per avere il controllo sulla popolazione, con gravi conseguenze per la libertà personale. Dall’altra parte c’è invece chi sostiene che l’App, con opportune limitazioni, dovrebbe essere obbligatoria come i vaccini, in quanto misura necessaria per salvaguardare la vita di tutti, posizione sostenuta da Shoshanna Zubof, docente e scrittrice statunitense, in un’intervista di Repubblica: i dati dovrebbero essere gestiti solo da un ente pubblico e usati per il bene della società anziché da colossi del Web che li utilizzano a scopo di lucro. Sul medesimo tema ha avuto molto seguito anche la tesi opposta di Yaval Noah Harari, espressa nell’articolo Il mondo dopo il virus, pubblicato dal Financial Times: secondo Harari il problema è mal posto e non dovremmo scegliere tra privacy e salute, anzi i Governi dovrebbero puntare non su punizioni e tracciamento ma sulla condivisione delle notizie scientifiche e sulla crescita della responsabilità civile per ottenere collaborazione nei giusti comportamenti. “Se non faremo la scelta giusta – scrive Harari – potremmo trovarci a dover rinunciare alle nostre libertà più preziose pensando che sia l’unico modo per difendere la nostra salute”.
Tornando al caso italiano, nella App Immuni il tracciamento vero e proprio avviene via Bluetooth, ma c’è anche un diario clinico dove annotare le proprie condizioni di salute; i dati, sia i propri che quelli dei quali si è venuti in contatto, saranno mantenuti sul proprio dispositivo a cui verrà assegnato un ID temporaneo che varia spesso. Se uno dei contatti risulta positivo, è possibile scaricare su un server ministeriale il proprio codice anonimo che, se riconosciuto tra i codici della propria memoria, verrà notificato agli utenti di cellulari con l’App. Il Ministero per l’Innovazione Tecnologica ha comunque precisato che l’applicazione scelta sarà orientata alla privacy e non accederà alla rubrica dei contatti, non conoscerà numero di telefono e non invierà SMS; non conserverà i dati di geolocalizzazione ma registrerà soltanto i contatti tramite ID; l’applicazione sarà gestita interamente da soggetti pubblici. Ma perché sia efficace, è necessario che almeno il 60-70% degli italiani adotti questa soluzione.
http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/homeNuovoCoronavirus.jsp
https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/coronavirus-i-sistemi-per-tracciare-i-positivi-come-funzionano/
https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/immuni-come-funziona-lapp-italiana-contro-il-coronavirus/
https://bendingspoons.com/
https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/04/09/news/shoshana_zuboff_altro_che_privacy_le_app_per_il_controllo_della_pandemia_devono_essere_obbligatorie_come_i_vaccini_-253587046/
https://www.ft.com/content/19d90308-6858-11ea-a3c9-1fe6fedcca75