Questa è la domanda, un po’ retorica e un po’ no, al centro dell’intervento di Marius Bogdan Spinu durante Smartbuilding.edu a Didacta di Firenze, nella mattina dedicata alla connettività e alla multimedialità. Perché, alla fine, ogni dato tecnico deve essere funzionale all’uso
Smartbuilding.edu è il nuovo progetto di Smart Building Italia e Connessioni che si è sviluppato durante la fiera Didacta tra l’8 e il 10 marzo scorsi. La mattina del 9 riportava il titolo Siamo tutti connessi, con focus appunto sulla connettività e multimedialità, che sono state tuttavia solo il punto di partenza per un più ampio ragionamento sull’evoluzione della didattica.
L’intervento di Marius Bogdan Spinu, Dirigente dell’Area per l’Innovazione e Gestione dei Sistemi Informativi ed Informatici e referente per la transizione digitale dell’Ateneo fiorentino, è iniziato con un video che ha reso benissimo l’improvviso spaesamento e la necessità di un intervento d’emergenza per ripristinare la didattica nel periodo della pandemia. Sono seguiti i dati di utilizzo dei servizi di didattica a distanza, che hanno ovviamente registrato un improvviso e deciso rialzo (tra settembre e novembre del 2020 sono stati realizzati 44.950 meeting/lezioni online). Tuttavia, dopo i primi mesi nei quali le università si sono dedicate a strutturarsi per replicare al meglio le forme di didattica precedenti, è seguita una fase di riflessione su come migliorare la didattica online o blended, incentivando interazione e collaborazione e secondo nuove strategie di valutazione. Oggi infatti si ritiene che non vi sia più un unico metodo utile, ma nuove metodologie da applicare, caso per caso, per formazione online, blended o in presenza, a partire alla didattica “asincrona” fino a quella in ambienti immersivi.
Ripartendo quindi dalla domanda iniziale, come sarà la nuova didattica? Secondo Marius Bogdan Spinu è presto per dare risposte univoche, ma già sono evidenti alcuni elementi: l’uso delle tecnologie, passata l’emergenza, va valutato attentamente, sperimentato e pianificato, considerando le necessità non tanto di oggi ma di domani. E, proprio guardando al domani, si può già intuire che le nuove forme di insegnamento (a distanza, in video, in ambiente immersivo ecc.) costituiscono prima di tutto una sfida ai modelli didattici tradizionalmente in presenza delle Università pubbliche (tanto che anche le università telematiche stanno cambiando ruolo), richiedendo competenze diverse da parte degli stessi docenti. Su questo l’Italia risulta molto indietro: le competenze dei docenti risultano le terzultime in Europa*. Un’ultima domanda riguarda infine i modelli di fruizione degli ambienti della formazione, e le dinamiche e i contesti nei quali gli studenti vivono il loro percorso universitario: se cambiare città per studiare sarà meno necessario, e ci saranno motivazioni differenti per farlo, se andare a lezione in Ateneo e frequentare dipartimenti e biblioteche sarà meno richiesto e meno utile, avremo quindi meno bisogno di Università, aule, mense e residenze universitarie, e cambierà l’idea stessa di “città universitaria”?
* Fonte DESI 2021, European Commission