Devo ammettere che, nonostante l’entusiasmo professionale per il metaverso e l’immersività, alle volte mi sono chiesta se la grande passione dimostrata dal mondo della formazione verso queste tecnologie fosse condiviso dagli utenti
A Didacta 2024, la fiera della scuola che si è svolta a Firenze nel marzo scorso, ambienti immersivi e visori sono stati uno dei principali trend, ed erano in molti a porgere al visitatore un bel visore multimediale per vivere una “esperienza indimenticabile”. Ma in quanti pensavano di farne uno strumento didattico stabile?
Non mi fraintendete, non sono certo una scettica del metaverso, ma pare che (almeno per ora) tra un bravo insegnante coinvolgente, competente e in carne e ossa, e un ugualmente competente insegnante ma nel metaverso, vince comunque il “qui ed ora”. Certo, non sempre è così, ed è proprio nel contesto di una formazione su argomenti che sono “troppo lontani, troppo pericolosi o troppo piccoli/grandi che il metaverso vince a mani basse: per un principiante è molto più sicuro esercitarsi nella chirurgia a cuore aperto nel metaverso, piuttosto che nella realtà. E anche per il paziente lo è!
Tuttavia, quando si parla di formazione telematica, mi chiedo se il metaverso non sia quell’asso nella manica che riesce a superare la lontananza con il docente – o con i temi da studiare – intrinseca nel metodo di studio. Ci ha pensato l’Ateneo telematico IUL, che ha coniato tre diversi spazi dedicati a corsi di laurea, master e attività di ricerca; ad esempio, è possibile nella sala conferenze accedere a una library di contenuti asincroni, ma anche partecipare in gruppo, tramite il proprio avatar, a delle sessioni pubbliche.
Se volete provare l’esperienza in prima persona affettatevi, perché gli spazi della IUL, almeno fino al prossimo anno accademico, aranno aperti a tutti, anche al grande pubblico.