Iniziata durante la pandemia di covid-19, la crisi nei trasporti di materiali e prodotti, in particolare dall’Asia all’Europa, sembra entrata ora in un nuovo capitolo legato alla guerra israelo-palestinese
C’è il Mar Rosso al centro della crisi che sta mettendo a repentaglio il commercio mondiale. Se a partire dal 2020, con la pandemia, abbiamo assistito a una drastica riduzione nella disponibilità di materie prime, dovuta alla prolungata chiusura di fabbriche e impianti di produzione, in seguito la difficoltà di approviggionamento si è trasformata, sempre a causa della pandemia e delle restrizioni varate per limitarla, in difficoltà di trasporto. Ora, tra 2023 e 2024, ecco il temuto upgrade, con gli attacchi dei ribelli yemeniti nel Mar Rosso rivolti contro navi mercantili in viaggio dall’Asia al Medio Oriente e all’Europa. Va tenuto presente, infatti, che il passaggio attraverso il Mar Rosso rappresenta il 12% del commercio marittimo mondiale, con il trasporto di merci per un valore di 1,2 trilioni di dollari l’anno.
Ebbene, dalla fine del 2023 gli Houti, un gruppo di ribelli yemeniti filo-sciiti e spalleggiati dall’Iran, ha iniziato ad attarccare le navi mercantili nel Mar Rosso, in appoggio ad Hamas e alla Palestina nella guerra contro Israele. Il governo dello Yemen ha dichiarato gli Houti “organizzazione terroristica”, e allo stesso modo questo violento e ingestibile gruppo armato è definito dai governi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Malesia, a dimostrazione del fatto che esso non rappresenta l’Islam nella sua interezza, bensì un ridotto gruppo d’interesse economico e politico.
Controllando al momento gran parte dello Yemen occidentale, inclusa la capitale Sana’a’, gli Houti rappresentano una reale minaccia per il commercio mondiale e sono in guerra non solo con lo stato d’Israele ma anche con una coalizione araba che comprende Yemen e Arabia Saudita.
Nell’ultimo mese e mezzo, più di duecento navi hanno dichiarato di aver subito attacchi e incidenti, e sono state costrette a cambiare rotta. Nessuna nave è stata affondata né sono state riportate vittime, tuttavia la pericolosità degli attacchi in uno stretto di mare largo appena 32 chilometri, tra lo Yemen e il Gibuti, ha indotto la maggior parte degli armatori – tra cui MSC e Maersk – a evitare questa rotta. Il percorso più sicuro, al momento, è quello che prevede il giro attorno al Capo di Buona Speranza, in Sud Africa, per raggiungere l’Europa risalendo lungo la costa atlantica dell’Africa. Ma si tratta di una deviazione di ben 9.000 chilometri, che comporta “tra i sei e i quattordici giorni di viaggio in più”, secondo la stima di Guy Platten, segretario generale dell’International Chamber of Shipping. Inoltre, sono decisamente aumentate le polizze assicurative delle navi e, ovviamente, il consumo di carburante, con conseguenti ricadutesui prezzi delle merci e sulle emissioni di anidride carbonica.
Gli Stati Uniti hanno annunciato un’operazione chiamata “Prosperity Guardian” volta a ristabilire l’ordine nel Mar Rosso, condotta da una coalizionedi cui fanno parte, tra gli altri, anche Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, Olanda, Norvegia, Australia e Seychelles.
Se da una parte gli Houti dichiarano apertamente che gli attacchi continueranno finché Israele non fermerà le operazioni a Gaza, dall’altra parte l’Occidente si appresta a rispondere con le armi – o perlomeno con un’operazione di sorveglianza armata alle navi mercantili, un po’ come durante la Seconda Guerra Mondiale per i convogli di viveri e attrezzature che dagli Stati Uniti giungevano in appoggio alle potenze belligeranti alleate in Europa. Come se non fosse bastata la pandemia a mettere a dura prova l’economia mondiale, ora arriva dunque anche questa sfida, il cui campo di gioco – un gioco molto serio, e pericoloso – è lo stretto e trafficato Mar Rosso.