In Italia mancano le competenze digitali: secondo i dati Excelsior Unioncamere aggiornati a febbraio 2021, il fabbisogno di professioni digitali ammonta a circa 23.200 unità e risulta difficile per le aziende trovare risorse specializzate per ricoprire queste nuove posizioni.
Una prima risposta a questa tendenza si trova nella formazione post laurea e nei master di specializzazione. Ma per stare al passo con il “new normal” c’è una cosa fondamentale che le aziende devono fare: ripensare l’organizzazione in modo agile, rivalutando non solo gli strumenti ma la cultura aziendale stessa e creando nuove forme di welfare orientate al digitale.
Se la pandemia ha accelerato i processi di convergenza digitale, rendendo le nostre vite sempre più connesse, lo scenario sarà quello in cui i responsabili HR italiani avranno la necessità di mappare le competenze e avviare progetti di reskilling e upskilling per adeguare rapidamente i candidati e favorire l’ingresso in azienda. Non si tratta però solo di tecnologia, ma anche di valorizzare il capitale umano, per permettere alle persone di svolgere lavori diversi e in situazioni mai affrontate prima di oggi.
Come far fiorire un terreno come quello dell’Italia attuale, in cui c’è bisogno di ripensare una nuova economia che colmi il gap tra competenze e lavoro, per crearne una “digitale” più dinamica?
Lo abbiamo chiesto ad Andrea Ciofani, fondatore di AcademyQue, Business School digitale nata da remoto (e in piena pandemia) che sta aiutando proprio i professionisti in aree come le Risorse Umane, il settore assicurativo, finanziario ma anche turistico, ad acquisire le competenze digitali necessarie per stare al passo con i cambiamenti.
“Chi è escluso dal digitale, per scelta o per caso fortuito, ne perde i vantaggi – spiega Ciofani -. Adattarsi alla realtà in continua evoluzione è un processo che devono compiere i giovani, ma soprattutto le imprese, a partire dagli imprenditori, dai manager e dai professionisti, per acquisire tutte le nozioni specifiche che permettano a chiunque di misurare KPI e metriche digitali spesso sconosciute, ma fondamentali per definire una efficace strategia aziendale e per saper cambiare strada quando serve”. In fondo, la sua startup porta l’esempio di come l’ingegno e la creatività di professionisti, unita a quella di giovani e talentuosi, non siano stati intaccati dal virus.
Metodo scrum, test psicoattitudinali e didattica intelligente che sfrutta l’intelligenza artificiale per l’apprendimento continuo, sono al centro della formazione di AcademyQue. L’azienda ha creato, attraverso la piattaforma di e-learning, un sistema aperto e flessibile che grazie all’algoritmo di machine learning con IA rileva gli ambiti di miglioramento degli studenti attraverso il superamento di quiz psicoattitudinali, sviluppati dallo psicologo clinico Fabio Montebruno. I test vengono realizzati con un approccio che raccogliere anche le tendenze e le flessioni personali, utili a migliorare le competenze del candidato e a orientarlo successivamente verso il percorso professionale più adatto.
“Il semplice spostamento dai tipici processi di ufficio e di apprendimento all’interno di una piattaforma di videoconferenza, può cambiare le culture aziendali e le comunità scolastiche – conclude il manager -. In quest’ottica, quindi, un uso efficace della tecnologia ci impone di reinventare il modo in cui il lavoro e l’insegnamento vengono svolti virtualmente. Ma non guardiamolo in modo negativo: se da un lato sembra che la tecnologia sacrifichi le relazioni, aprendo un pochino la nostra mente ci rendiamo che conto di essere in una nuova dimensione. Il reale problema, però, sta nel voler adottare nuove modalità facendo le cose che facevamo prima. Ecco che se decidiamo di adottare un modello di lavoro agile, allora, il “capo” deve abbandonare l’ansia del controllo e abbracciare l’approccio di comunità pratica in cui non sono più il tempo o la presenza a determinare i risultati, ma l’orientamento coordinato al risultato”.