Smart working? Si,grazie! Secondo una ricerca condotta da ANRA e Aon, questa modalità di lavoro diventerà la “nuova normalità”. Ecco dunque il bilancio tra problematiche e vantaggi di questo cambiamento della vita lavorativa degli italiani.
La pandemia e il conseguente lockdown hanno avuto un impatto significativo sull’esistenza di tutti noi con un’evoluzione repentina che ha portato a una rottura con il passato. Viviamo una trasformazione epocale, che riguarda il nostro modo di vivere e di lavorare. Su questa situazione inedita, che ha di fatto quasi triplicato i lavoratori in smart working, ANRA e Aon hanno condotto l’indagine “Lo smart working in Italia, tra gestione dell’emergenza e scenari futuri”, coinvolgendo lavoratori di aziende di varie dimensioni per capire pro e contra di questa modalità. Ma soprattutto per valutare se il telelavoro, alla luce di quanto emerso in questi mesi, potrà davvero diventare una normalità professionale.
Partiamo dalle note dolenti: dalla ricerca emerge che le aziende mancano di una cultura aziendale basata sulla condivisone di fiducia e obiettivi con i propri dipendenti. Ancora troppe realtà imprenditoriali basano le proprie decisioni sulla necessità di controllo. Le principali paure riguardano pianificazione, gestione e controllo delle attività, mancanza di una strumentazione idonea e timore di un calo della produttività. Sul fronte lavoratori, invece, molti ritengono che la maggior parte del proprio lavoro possa essere svolta da remoto, anche se quasi il 30% di loro ha manifestato come problematica principale l’impatto sullo stato d’animo e sull’engagement dei collaboratori abituati al lavoro in presenza. Per ovviare al problema dell’isolamento, le aziende hanno organizzato momenti di confronto periodici con i propri dipendenti e fornito servizi aggiuntivi come corsi di formazione e supporto psicologico.
Interessanti anche le considerazioni su vantaggi e svantaggi dello smart working: in entrambi i casi “vincono” il fattore tempo e il bilanciamento tra vita lavorativa e privata. Se la possibilità di gestire i propri orari di lavoro è stata vista come un vantaggio dal 47% degli intervistati, la difficoltà nel separare lavoro e “casa” ne rappresenta il negativo rovescio della medaglia per il 48% mentre il 58% dichiara di aver avuto grande difficoltà nel limitare le ore dedicate al lavoro.
“La ricerca evidenzia un cambio epocale nelle relazioni fra azienda e lavoratore – commenta Paolo Rubini, Presidente Onorario ANRA -: lo smart working implica nuovi sistemi di controllo e di delega, e un’accresciuta responsabilizzazione del lavoratore circa l’organizzazione del suo lavoro, che comunque sarà svolto a distanza in misura crescente”.
Insomma, come già ripetuto in differenti occasioni, la pandemia ha accelerato un processo già in atto, coinvolgendo nel telelavoro le aziende medio-piccole, le persone meno giovani, le regioni e i settori più arretrati tecnologicamente. Non ci resta che fare tesoro di questi passi avanti!